Basta la parola? Piccolo decalogo dell’ecologia – Genova24.it

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Genova. AMIU GENOVA ha tra i suoi principali compiti quello di gestire e di raccogliere le diverse frazioni organiche che formano la raccolta differenziata quindi: carta e cartone, plastica, metalli, residuo umido, vetro, rifiuti elettrici e elettronici, ingombranti, legno insomma un vero universo di materiali.



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Gran parte di questi materiali, per la maggior parte imballaggi, vengono mandati ai diversi consorzi di filiera come ad esempio Cial, Corepla, Comieco, Coreve o Ricrea perché possano essere riciclati.


Per esempio, a Genova è l’impianto AMIU GENOVA a Bolzaneto in via Sardorella ha fare il primo vaglio e la separazione dei materiali raccolti nelle campane gialle dove sono conferiti plastica e metalli.

Un recentissimo rapporto ambientale su raccolta differenziata e attività di recupero degli imballaggi del Conai, il consorzio che si occupa a livello nazionale della raccolta differenziata di tutti gli imballaggi, realizzato con la Fondazione Sviluppo Sostenibile ha quantificato il valore economico di questa attività ad oltre il miliardo di euro.

Quindi per riciclo si intende la trasformazione dei diversi materiali raccolti in nuovi prodotti, evitando così di usare e consumare altra materia prima. (es.: la bauxite per l’alluminio, il silicio per il vetro o il petrolio per la plastica). Nello specifico è bene comprendere cosa si intende per imballaggio ovvero tutto ciò che protegge e contiene un prodotto permettendone il trasporto come cibo, oggetti, prodotti di qualsiasi origine e tipo.

Se un prodotto è fatto con materiale proveniente dal riciclo, possiamo dire che è stato fatto in maniera sostenibile: un aggettivo che viene utilizzato per identificare tutti quei cibi o oggetti la cui produzione non pesa troppo sull’ambiente e, quindi inquina poco. Anche eco-friendly cioè “amico dell’ambiente” può essere usato al posto di sostenibile.

Spesso sulle confezioni dei prodotti acquistati o sui sacchetti troviamo la parola biodegradabile. In generale tutti gli oggetti sono degradabili, ma quello che è importante sapere è: in quanto tempo, in che percentuale e se il materiale di cui è composto può essere degradato, cioè trasformato in sostanze più semplici. Questo avviene attraverso l’azione enzimatica di batteri (in questo caso buoni) o altri microrganismi. Secondo la normativa europea definisce biodegradabile un materiale in grado di essere “aggredito” dai batteri per almeno il 90% nel giro di sei mesi.

Abbastanza simile al concetto di biodegradabile è quello di compostabile: ovvero quando un materiale può diventare compost (un fertilizzante naturale) in massimo tre mesi.
La differenza sembra minima ma in alcuni casi è sostanziale: i sacchetti per la spesa compostabili devono essere smaltiti nel contenitore dell’organico, ma quelli biodegradabili vanno messi nel bidone della plastica.

E a proposito di plastica, che sappiamo derivare dal petrolio, spesso sentiamo dire di un materiale, o di un tipo di energia, che è rinnovabile; cioè che è in grado di rigenerarsi, o riformarsi, in poco tempo. Il petrolio non è rinnovabile perché ha bisogno di migliaia di anni per ‘nascere’, mentre l’energia solare o quella del vento sono da considerarsi fonti energetiche pressoché inesauribili.



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